PAPOLATRIA – UN DOSSIER DEL DOMENICANO YVES-MARIE CONGAR

1.

Con grande sorpresa di tutti, il 18 novembre 1965, durante la penultima sessione del concilio Vaticano II, papa Paolo VI annunciava la propria decisione di introdurre simultaneamente la causa di beatificazione dei suoi due immediati predecessori, Pio XII e Giovanni XXIII.  Nello stesso giorno il teologo domenicano Yves Congar annotava contrariato nel proprio diario dei lavori conciliari: «Cette annonce m’attriste. Pourquoi cette glorification des papes par leurs successeurs? On ne sortirait donc jamais des vieilles habitudes romaines? Au moment où on annonce l’aggiornamento, on pose des actes que ne lui sont pas accordés».

Molti anni dopo, nelle pagine introduttive di un fascicolo di La Vie spirituelle del 1987, che si interrogava nel titolo: «dévotion au pape?», egli rivelava di avere raccolto a suo tempo materiale sulla “papolâtrie” e di avere smesso in seguito, ritenendolo un problema superato: «Nous-même avions, avant les années 60, réuni un dossier considérable de textes d’adulation et de flagornerie. Nous avons, depuis longtemps, décidé de ne pas le mettre en oeuvre; il appartient au passé et à ses cendres. C’est que les choses ont changé objectivement et subjectivement». Chissà in qual modo il domenicano avrebbe potuto commentare l’ondata di canonizzazioni di papi dell’800 e del ’900, celebrate nei primi due decenni del nuovo millennio.

In effetti, tra le carte lasciate da p. Congar nel proprio convento parigino era conservato un piccolo contenitore di rozzo cartoncino, di fattura molto artigianale. Sul dorso fu apposta un’etichetta dattiloscritta: «’dévotion’au pape et à l’Église».

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Il raccoglitore è particolarmente rivelatore di un metodo di lavoro. Vi sono stati riversati alcune centinaia di appunti, abbozzi e «pizzini» – alla lettera –, nei quali con la sua scrittura minuta Congar raccoglieva indicazioni bibliografiche relative all’argomento: un’autentica «accumulation de lectures et de notes».

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Non mancavano peraltro anche alcuni abbozzi personali, non necessariamente legati a quelle succinte note bibliografiche: anticipazioni di un testo che non fu mai scritto.

2.

Gli appunti concernenti i primi decenni del ’900 riguardavano ovviamente il pontificato di Pio X (1903-1914).

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Nelle sue annotazioni egli fece riferimento soprattutto alla nascita di una «dévotion au Pape» sorta in ambito francese e legata alle vicissitudini di Pio IX: sulla quale si indirizzerà la sua attenzione ancora negli anni ’70. «C’est autour de Pie IX que se noue la moderne “dévotion au pape”, avec son caractère mystique» è l’intestazione di un foglietto, in cui Congar elencava sette punti, con relativi rinvii bibliografici

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Congar riteneva Joseph De Maistre, nel volume Du Pape del 1819, «initiateur de cette expression», come annotava in un appunto Le Pape et l’idée de “présence” (réelle).

A svariate riprese infatti prese nota di riferimenti a quel libro. Ad esempio, vi rimandava in un altro foglietto, con l’intestazione: Le titres donnés au Pape, che egli definiva una «sorte de litanie». A tale argomento peraltro dedicò un breve articolo, apparso nella rivista Concilium nel 1975.

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Evidentemente Congar spulciava quella bibliografia ottocentesca, in cui le traversie di papa Mastai venivano considerate lo spunto per la nascita di una devozione da parte del clero e dei fedeli: «Énorme accroissement de la “dévotion au pape” du fait des “malheurs” de Pie IX».

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In particolare, un foglietto costituiva una prima stesura di riflessioni sulla Historique du développement de la dévotion au Pape. A quel foglio Congar attaccò un ulteriore pizzino, concernente «La papolâtrie développée sous Pie IX par les ultramontains». Dunque il domenicano andava raccogliendo svariate «témoignages du culte inspiré par Pie IX».

Alcuni appunti non celavano, da parte sua, reazioni piuttosto decise alle proprie letture: «dénouer le parallèle entre l’ordre de l’obéissance ou du gouvernement et l’ordre sacramentel. Ce n’est pas la même chose! Or c’est un des procédés des papolâtres» (a proposito di un articolo degli anni ’20).

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Il suo interesse per quella problematica non era scemato del tutto con il trascorrere del tempo. Ancora nel 1976, a proposito di una pubblicazione, egli annotava: «assimilation des épreuves de Pie IX à la Passion du Christ». Soltanto in parte a queste annotazioni corrisposero scritti di Congar.

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Da un certo punto di vista Congar cercò peraltro di inserire il tema della «dévotion au pape» all’interno di una prospettiva storica più ampia: a dire il vero, in maniera imprecisa e un po’ confusa. Egli la faceva risalire addirittura al medioevo, quando erano attestate «déja les flagorneries des canonistes»

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A dire il vero, alcuni appunti si spingevano oltre i limiti cronologici dell’età di mezzo: «Souci des catholiques de 18e s. de justifier les marques de vénération qu’on donne au pape». Egli evidentemente condivideva la recisa opinione di un confratello del XVI secolo, Melchor Cano, riportando quanto questi aveva scritto nel De locis theologicis, uscito postumo nel 1562: «Non eget Petrus mendacio nostro, nostra adulatione non eget».

3.

A suscitare l’interesse del giovane domenicano – cui peraltro non sfuggiva una più ampia dimensione culturale del problema  – sicuramente contribuì il clima che caratterizzava il pontificato di Pio XI (Achille Ratti, 1923-1939), in particolare nei primi anni ’30.

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Un momento saliente della sua raccolta di documentazione, attestato da ritagli di stampa e da alcuni opuscoli, risaliva comunque ai primi anni ‘30, quando si scatenò un vivace confronto a proposito della sua «papolâtrie», in merito cioè alle posizioni del vescovo di Orano, Léon Durand (decisamente schierato sulla linea di papa Pio XI nelle vicende concernenti l’Action Française).

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«Il est vraiment le dépositaire de l’autorité et de la bonté de Dieu. Et c’est précisément parce que Dieu réside en Lui au plus haut degré, que nous devons renouveler chaque matin notre acte de foi en la présence de Dieu sous les espèces visibles du Souverain Pontife». E ancora: «Oui, nous croyons fermemen à la présence de Dieu sous les espèces eucharistiques en vertu du Corps transsubstantié hypostatiquement uni à la Divinité, et nous croyons aussi fermement à la présence de Dieu sous les espèces pontificales en vertu de la plus grande part d’autorité qui repose dans une âme humaine!». La singolare posizione del vescovo di Orano gli valse un violento attacco da parte degli integristi francesi.

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Nel raccoglitore si trovava un altro opuscolo della collana «Vérités», intitolato: Les nouvelles flagorneries du jeune Fontenelle et nos correspondants, firmato ancora una volta da Luc-Verus. Sul frontespizio era trascritto un passo riportato da La Croix dell’8 ottobre 1931: «Que vous étiez grand, Très Saint Père, que vous étiez BEAU! Nos yeux, remplis de larmes, ne faisaient AUCUNE DIFFÉRENCE entre le Christ et vous».

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4.

Il domenicano redasse più di un appunto su una sorta di sincretismo sacramentale che coinvolgeva la figura del papa, ad esempio sotto il titolo: «Liaison qu’il y a entre la Présence réelle eucharistique et l’organisme hiérarchique et doctrinal visible».

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A suo avviso il parallelismo tra la presenza sacramentale di Cristo sia nell’eucaristia sia nel papa era «une idée courante»: «on a fait du pape une sorte de sacrement du Christ». A questo proposito emergeva a più riprese una sua preoccupazione per i risvolti di questo atteggiamento in ambito ecumenico.

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«Les paroles du Pape à l’Angelicum 12 mars ‘31 ont été relevées et citées sous le titre “Päpstliche Christologie” par la rev. “Protestantische Rundschau”», annotava in un foglietto.

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A dire il vero il domenicano prestò una particolare attenzione anche a testi di rango alquanto diverso, in particolare agli atteggiamenti in materia assunti da alcuni ecclesiastici e talora da vescovi. Le sue annotazioni a volte erano decisamente recise: «Explotation de détails papolâtriques par des dissidents»

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Ancora negli anni ’60 egli ricordava come il cardinale Gaspard Mermillod (1824-1892), predicasse sul tema delle tre incarnazioni: nel seno di Maria, nell’eucaristia, nel papa («il est devenu cardinal…», fu aggiunto a penna rossa).

5.

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La sua attenzione relativa alla rilevanza della figura papale non era venuta meno nel corso degli anni.

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A dire il vero, durante un soggiorno in Germania nel convento domenicano di Düsseldorf, ritenuto un momento assai importante nella formazione dei propri orientamenti, il 17 settembre 1930 Congar aveva steso una preghiera appassionata nei confronti della Chiesa, in cui spiccava una frase: «Mon Dieu, votre Église est si latine, si centralisée! Certes le pape est le “doux Christ de la terre”; et nous ne vivons du Christ que rattachés au Christ. Mais Rome n’est pas le monde, et la civilisation latine n’est pas l’humanité».

6.

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A firma di Emmanuel Flipo, dove sotto le intitolazioni L’actualité de l’Évangile. “Épiphanie”. Manifestation du Christ, si poteva leggere tra l’altro: «Nous, nous savons bien qu’il est plus que cela, et que si le Pape est un homme, il est surtout “Jésus-Christ sur terre” et nous n’hésitons pas à nous agenouiller devant lui».

A un certo punto il domenicano ripescava, sia pure indirettamente, un riferimento a un volume di Georges Bernanos: «Bernanos contre le “fétichisme que certains dévots manifestent en cette occasion à l’egard du Saint-Père”». Anche se sembrano abbastanza sporadici gli appunti risalenti al pontificato di Pio XII (1939-1958), non per questo risulterebbero meno significativi.

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Al 29 giugno 1952 risaliva un ritaglio da la Cité fraternelle di Besançon, dove nella rubrica Jalons de route, in occasione dalla festività di san Pietro, Etienne Keller scriveva sotto il titolo: Tu es Pierre. Del testo Congar evidenziava al margine una frase: «Et depuis ce jour, il y a en permanence au milieu du monde un homme qui témoigne de la solidité de Dieu. Le seul homme que n’atteint pas la condamnation originelle». A questa frase ben si addiceva un’altra osservazione del domenicano: «expressions plastiques de la papolâtrie, de l’idolâtrie du Vatican».

Negli ultimi anni del pontificato di Pio XII, in particolare dopo l’Anno santo del 1950, nelle annotazioni di Congar appariva a più riprese l’espressione  «Papolâtrie»:

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E ampie citazioni traeva da un articolo del 1955 dell’allora arcivescovo di Perugia, Pietro Parente, Le epifanie del Verbo e il Papa: un appunto in calce al foglietto richiamava un appellativo di Pio XII, dapprima considerato Vice Cristo e allora assurto a Vice Dio.

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A un certo punto Congar scriveva addirittura degli «abus qu’on peut faire des textes papolâtriques».

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Alcuni anni più tardi, nel 1965, Congar annoverava tra i cultori della «papolâtrie» appunto don Giovanni Bosco.

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7.

Il centro di gravità delle riflessioni di Congar era in verità alquanto diverso. Nel primo gruppo di abbozzi, appunti e «pizzini», raccolti in uno specifico dossier, l’intestazione iniziale, «dévotion au pape», fu integrata aggiungendovi la precisazione: «et à l’Église». In effetti, un altro dossier, all’interno del medesimo raccoglitore, si occupava appositamente della «dévotion à l’Église» (anche se al suo interno non mancavano numerosi appunti sulla «papolâtrie» e sulla «dévotion au Pape»). Il suo orientamento al proposito era estremamente chiaro: «Dévotion au Pape comme expression et point d’attache de notre dévotion à l’Église comme Église universelle, comme tout».

Il domenicano verosimilmente aveva lasciato al margine il suo precedente interesse per le polemiche degli anni ’30, quando andava raccogliendo documentazione sull’argomento, sulla base di esempi da lui ritenuti esorbitanti, mettendosi invece alla ricerca di un filo che ne percorresse la storia, per trovare a un certo punto una connessione fra «dévotion au Pape» e «dévotion à l’Église», sia pure con una cauta avvertenza: «danger du développement trop grand de cette dévotion au Pape, à l’Église».

A un certo punto egli redasse un lungo appunto, che si ritrova all’interno del dossier, cui mise il titolo «La “dévotion” à l’Église et au Pape». In realtà quelle sue annotazioni concernevano piuttosto la Chiesa, mentre del papa non si faceva affatto menzione.

8.

È assai verosimile che questi appunti non siano stati riutilizzati in maniera diretta, anche se di certo nella vastissima bibliografia degli scritti del domenicano francese non mancano riflessioni e indicazioni su quella problematica.

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Le annotazioni di Congar, affastellate all’interno di quel raccoglitore, erano sostanzialmente critiche. Le si potrebbero allineare una dopo l’altra, sia pur nella difficoltà obiettiva di collocarle crononologicamente in maniera puntuale. Nei suoi appunti le intitolazioni, quando esistevano, oscillavano tra «dévotion au pape», da un lato, e «papolâtrie», dall’altro (in un caso egli scriverà persino: «papadulia. chose du clergé français»). Addirittura, in un foglietto non agevole da collocare nel tempo e nell’insieme delle sue riflessioni, egli faceva derivare dalla «papolâtrie» un «antiépiscopalisme».

Non senza una forzatura, con una citazione tratta da sant’Agostino, in un certo senso Yves Congar concludeva: «Sumus christiani, non petriniani».

 

 

Da Roberto Rusconi, «La dévotion au Pape et à l’Église». Un dossier del domenicano Yves-Marie Congar, in Incorrupta monumenta Ecclesiam defendunt. Studi offerti a mons. Sergio Pagano, prefetto dell’Archivio Segreto Vaticano, a cura di Andreas Gottsmann – Pierantonio Piatti – Andreas E. Rehberg, I: La Chiesa nella storia. Religione, cultura, costume, Tomo 2, Città del Vaticano, Archivio Segreto Vaticano, 2018, pp. 1465-1484.

Il testo integrale può essere letto in Academia.